Nov 092020
 

Gli episodi di violenza a Milano hanno visto protagonisti giovani “targati” periferia. Poi, ognuno ha il suo pensiero: la Rettrice dell’Università Bicocca, il direttore del Centro sulla criminalità dell’Università Cattolica, il Consiglio d’Istituto del Liceo classico Manzoni. E il Comune…

Le periferie… le fai uscire dalla porta, ma rientrano dalla finestra. Proprio in questi giorni dominati dall’emergenza Covid, c’è stata una serie di riferimenti che riteniamo utile mettere in fila per cercare di connettere una realtà milanese che, tranne qualche isolato episodio, continua ad essere frammentata in compartimenti non comunicanti. Così confermando quanto già rilevato dall’indagine dell’Istituto Ipsos per il Forum Brand Milano, promosso nel 2015 dal Comune di Milano: «Milano è come un operoso alveare, con tante celle che non comunicano tra di loro. Una Milano che non fa sistema». E questo è il punto essenziale, perché la nostra città ha tutte le energie necessarie, ma tutto rimane a livello di sperimentazioni o progetti specifici, non riuscendo però a divenire “politiche” che coinvolgano tutta la città e, in particolare, le periferie. Così confermando, anche qui, quanto rilevato sempre dall’Indagine Ipsos: «Se Milano è la Cerchia dei Navigli, va da sé che già le periferie sono luoghi sconosciuti, luoghi marginali e tenuti ai margini»; non “degradati”, bensì “sconosciuti”, ma su questo torneremo.
In tale contesto, significative sono state le espressioni provenienti dal mondo universitario e scolastico. Una realtà che, oltre allo specifico universitario, potrebbe dare un apporto significativo alla vita della nostra città nelle sue varie articolazioni, tra l’altro in periferia (tema approfondito con Urbana 2019 – Università e Periferie e nella Convenzione delle Periferie 2019), come talvolta sta avvenendo, anche se più a livello sperimentale che strutturale, potendo contare su una “forza” di oltre 200.000 studenti ed una variegata e non sempre conosciuta realtà di oltre 20 università, istituti universitari ed accademie (da quelle storiche a quelle più recenti).

1 – Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’Università di Milano-Bicocca, intervenendo a “Fare Milano” lo scorso 19/10 nella sessione “La Metropoli dei Quartieri”, non ha fatto in tempo a dire che «un punto fondamentale è proprio quello di capire che non ci sono più le periferie», che stampa e tv hanno elencato i “giovani delle periferie” tra i protagonisti delle violente proteste di questi giorni, in particolare lo scorso lunedì 26/10. Peraltro, la professoressa Iannuantuoni aveva anche aggiunto «perlomeno nel significato e nel contesto al quale (le periferie) sono legate nella nostra mente». Ecco, “nella nostra mente”. Ma ci ritorneremo.

2 – Sempre dal mondo universitario, emergono anche altre considerazioni, per esempio quelle di Ernesto Savona, docente di Criminologia e direttore di Transcrime, il Centro di ricerca interuniversitario sulla criminalità transnazionale dell’Università Cattolica: «A Milano la situazione è di disagio sul disagio, questo virus sta dividendo ancora di più il centro dalle periferie. Gli abitanti di questi quartieri si sentono sempre più abbandonati dalle istituzioni» (Giorno, 29/10). Ecco, ritorna a fare capolino la dicotomia tra centro e periferie. Una dicotomia che si è cercata di affievolire anche abbandonando il termine “Periferie”, sostituendolo con il più onnicomprensivo e per certi aspetti rassicurante “Quartieri”. Ma, che tra Quartieri del centro e Quartieri delle periferie ci sia una sostanziale differenza era emerso anche negli scorsi mesi, questa volta a “vantaggio” delle periferie: rispetto ad un centro svuotato ed in crisi, le periferie sembrava avessero minori ripercussioni.

3 – Per Flaminio Squazzoni, docente di Sociologia all’Università degli Studi di Milano «l’esplosione delle banlieue è tipica del modello di urbanizzazione parigino, ma anche le periferie milanesi non sono state al centro degli investimenti per decenni». Evidenziando, poi, l’esistenza di «un vuoto che priva i più giovani della scuola, luogo di aggregazione sociale». Ecco, la scuola…

4 – Nel più ampio contesto scolastico, c’è da registrare la decisione del Consiglio di Istituto del Liceo classico Manzoni di accettare le iscrizioni per il prossimo anno scolastico solo degli studenti con voto 10 o 9 in italiano, matematica ed inglese che, in primo luogo, siano residenti in centro. Secondo Milena Mammani, preside del Manzoni, «era una misura momentanea legata all’emergenza sanitaria, ma visto il clamore ho sospeso la delibera (…). Abbiamo agito a fin di bene» (Corriere della Sera, 26/10). Però, così facendo, si salva chi è più forte, scaricando gli altri? Ma, al di là del principio per certi aspetti “discriminatorio”, contro il quale è intervenuto anche un gruppo si ex-alunni del Manzoni, sottoscrivendo uno specifico appello, è passata un po’ sotto traccia la considerazione espressa sempre della preside Mammani: «I ragazzi arrivano dalle medie meno preparati, tanto che la quarta ginnasio noi ormai la chiamiamo la quarta media; infatti per i primi tre mesi organizziamo lezioni di recupero nelle materie principali» (Corriere della Sera, 26/10).

5 – La scuola media, dunque. Per esempio, la Trilussa a Quarto Oggiaro: «L’istituto è in “autogestione” da tempo, svolgiamo noi docenti anche il lavoro degli impiegati. Siamo una scuola di frontiera, dovremmo avere più risorse. Invece siamo gli ultimi» (Il Giorno, 9/09). Tutto ciò, peraltro, in una realtà che soffre «alti tassi di dispersione scolastica e, più in generale, scarsa scolarizzazione delle fasce pù giovani». (Avvenire, 8/09). Adesso, il Dirigente scolastico c’è, ma è un reggente, peraltro con altri incarichi, cosa che, al di là della buona volontà, rende evidente la condizione di precarietà. Perchè «siamo gli ultimi». Poi, magari, L’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia ha fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità. Ma, è una continua rincorsa a sopperire ad emergenze che si ripropongono puntuali ogni anno e, quindi, non sono più emergenze, bensì impostazioni organizzative strutturali sbagliate.

6 – Poi, c’è la sopra segnalata questione della Dispersione scolastica. Qui, ma anche su analoghi temi sociali o culturali, ci troviamo di fronte ad una “contraddizione in termini” del Comune di Milano: da una parte loda ed incentiva alla partecipazione le forme di doposcuola presenti soprattutto in periferia, dall’altra chiede alle associazioni di volontariato di partecipare a bandi con offerte al rialzo per ottenere degli spazi comunali per promuovere o continuare a svolgere i doposcuola. Nella sostanza, il Comune di Milano adotta lo stesso criterio, la stessa “regola” per le affittanze a fini di lucro in Galleria Vittorio Emanuele e per quelle a fini sociali in periferia (dove, tra l’altro, ci sono centinaia di spazi pubblici inutilizzati e degradati, proprio a causa di regole inadeguate e da cambiare).

7 – Infine, ritorniamo dove avevamo iniziato, alle periferie “nella nostra mente”. Allora, ci possono essere approcci e giudizi diversi. Ma se rimangono tali, senza confronto e senza una operatività continuativa (i convegni una tantum non portano a molto), rimarremo in una condizione dove «a Milano ci sono molte espressioni, ci sono molti centri di cultura. Può darsi che ciascuno proceda per conto proprio, producendo eccellenze che servono solo per l’autocompiacenza» (mons. Mario Delpini, Arcivescovo di Milano – Discorso alla Città, 6/12/2018). Crediamo che nessuno voglia questo. Ma, allora devono essere individuate modalità strutturate di progettazione partecipata che valorizzino le varie energie esistenti mettendole a sistema, dalle istituzioni alle associazioni, dal Prefetto al gruppo di amici che paga le bollette di persone in stato di necessità.

Certo, non è semplice e ci vuole perseveranza, ma è necessario affinché le periferie non rimangano solo pensieri “nella nostra mente”, ma realtà da affrontare nella loro specifica articolazione, sostanzialmente sconosciuta: Assiano, Basmetto, Cavriano e così via per 166 antichi Borghi e nuovi Quartieri. Una realtà ricca anche di oltre 300 presenze culturali (Teatri, Biblioteche, Associazioni/Centri culturali, Cori amatoriali), ma sostanzialmente lasciate al “fai da te”. Ma su questo torneremo, anche in previsione del World Cities Culture Summit previsto a Milano il prossimo 10-12 marzo 2021.

PS – Dal Decalogo “dalle Periferie, per Ripartire” (a cura di Consulta Periferie Milano):
2. Partecipazione e “progettazione partecipata” – La partecipazione non può essere relegata alle emergenze del momento. Deve diventare un processo organizzativo strutturato e continuativo nella logica della “progettazione partecipata”. Milano ha immense energie e professionalità (tra l’altro, quelle riconosciute ogni anno con gli Ambrogini), da valorizzare in maniera organizzata e non saltuaria.

Share